Lunedì 4 novembre è il giorno di San Carlo Borromeo, patrono di Rovato.
Nel pomeriggio, in Municipio, la consegna dei Leoni d’oro a cinque cittadine e cittadini, attivi nel mondo delle associazioni e del volontariato.
Ma chi è San Carlo Borromeo e perché è patrono di Rovato?
Il legame risale al 1580, quando l’allora arcivescovo di Milano, in visita pastorale nell’Ovest della provincia di Brescia, elesse Rovato come proprio quartier generale. Nel santuario della Madonna di Santo Stefano il futuro Santo concesse l’abito ecclesiastico al cugino Federico.
Il sito santodelgiorno.it descrive così San Carlo: “….nacque ad Arona sul Lago Maggiore il giorno 2 ottobre 1538 dal conte Gilberto Borromeo e Margherita de’ Medici.
Dopo i primi studi, fu inviato all’Università di Pavia per il diritto; qui gli giunse notizia che un suo zio materno, il cardinal de’ Medici, era stato fatto Papa col nome di Pio IV……Poco più che ventenne fu creato cardinal segretario del Papa ed in seguito fatto arcivescovo di Milano. Come segretario lavorò con zelo indefesso per il Concilio di Trento, e poi per la pratica attuazione dei decreti di quel Concilio.
Morto Pio IV, suo zio, San Carlo lasciò Roma per recarsi alla sua sede arcivescovile allora ridotta in tale stato da scoraggiare qualsiasi tentativo di riforma; ma l’Arcivescovo non indietreggiò…..eliminò dal suo palazzo ogni pompa secolaresca e vendette quanto aveva di superfluo, dandone il ricavato ai poveri….Però dove maggiormente rifulsero la sua carità e il suo zelo, fu nella terribile peste scoppiata a Milano, mentre egli si trovava in visita pastorale nel 1572.
Tutti i personaggi più distinti fuggivano terrorizzati: San Carlo invece, tornato prontamente in città, organizzò l’assistenza agli appestati, il soccorso ai poveri, l’aiuto ai moribondi, dappertutto era il primo, ovunque dava l’esempio. Per invocare poi l’aiuto divino, indisse processioni di penitenza, alle quali partecipò a piedi scalzi e prescrisse preghiere e digiuni. Alla peste seguì la più grave miseria, e il santo prelato, dopo aver dato quanto possedeva, vendette i mobili dell’arcivescovado, contraendo anche forti debiti.
Nell’ottobre 1584 si ritirò sul monte Varallo per un corso di esercizi spirituali. Ivi s’ammalò e trasportato a Milano spirò il giorno 3 novembre”.